Thursday, October 6, 2016

QUELLO CHE KOBE HA IMPARATO DAI FILM

Sono convinto che le storie che una persona racconta a sé stessa spesso non fanno altro che confonderla, tuttavia, a volte queste stesse storie hanno anche la capacità di tirare fuori il meglio di questa persona. La musicaè spesso un potente metodo per evocare queste storie e passioni. Continua a leggere e vediamo cosa ne pensi …

L’illustre compositore di colonne sonore John Williams (Star Wars, E.T., I Predatori dell’Arca Perduta e Schindler’s List tra le sue colonne sonore più note) è stato di recente onorato con il Premio alla Carrieradall’American Film Institute. Alla celebrazione erano presenti molte star del cinema che hanno partecipato nei film di John Williams (Tom Hanks, Harrison Ford, Steven Spielberg, George Lucas). Tra i vari ospiti, ce ne era uno che veniva da un palcoscenico completamente diverso, Kobe Bryant. Kobe, in quell’occasione, dichiarò:



 “Nel dicembre 2013 tornai ai Lakers dopo un lungo infortunio e la musica che scelsi quando misi piede sul parquet dello Staples Center fu “La Marcia Imperiale” di Star Wars.

Perchè feci questo? Avevo bisogno che John Williams mi ispirasse quel giorno.

Il Black Mamba era tornato… e La Marcia Imperiale mi fece entrare nel personaggio, il cattivo pronto per una battaglia epica.

Sono terribilmente convinto che ognuno abbia bisogno di una musa ispiratrice, e John Williams è una di queste. Nel 2009 gli chiesi di incontrarci. Volevo capire come facesse a creare musica illustre, senza un tempo, e quello che la rendeva tale era il fatto che la sua musica complessa raccontava storie semplici, abili a catturare la magia che c’è dentro ognuno di noi.

La musica di John Williams raggiungeva quell’apice della perfezione che io volevo replicare sul campo di basket. Pensai che se fossi riuscito a capire come riusciva a fare ciò, allora forse, e ripeto forse, avrei potuto farlo anche io. La sua musica era un mezzo per me per ricercare, imparare e sentirmi ispirato.

Inoltre, ogni volta che ascolto la melodia di apertura delle Olimpiadi di Los Angeles del 1984, mi ritorna in mente il fatto di essere parte di una di quelle squadre degli USA che è riuscita a vincere l’oro olimpico per due volte.”

Forse puoi riflettere su quelle storie che ti racconti e che ti limitano, come faceva Davide, un giocatore universitario che ho aiutato a rimpiazzare la sua storia con una diversa che lo ha aiutato ad andare in campo ed esprimere il meglio di sé. Per la storia di Davide, clicca qui.

(c) by Dr. Mitch Smith 2016. Tradotto da Marco Pascolo


Monday, December 14, 2015

MANTENERE LA PROSPETTIVA NELLO SPORT E NELLA VITA


NELLA CORTE DI RE SALOMONE serviva un ufficiale fedele di nome Joseph, il quale prendeva su di sé tutti gli incarichi che erano necessari per servire il proprio padrone. Spesso si poteva sentirlo vantarsi con gli altri: "Non vi è alcun compito che il re possa chiedermi, che io non possa soddisfare.”

Quando queste parole giunsero al re, egli pensò di mettere lo sbruffone Joseph alla prova. Decise di chiedere a Joseph di portargli un oggetto che non esisteva!

Dopo avere convocato Joseph nelle camere reali, il re Salomone gli disse: "C’è un anello che ho voluto possedere nel profondo del cuore per un certo periodo di tempo. Si tratta di un anello speciale che può tramutare una persona triste in felice, ma può anche rendere una persona felice, triste. Voglio che tu trovi questo anello e lo riporti a me entro i prossimi 6 mesi.”

Joseph accettò il suo incarico con entusiasmo. Per prima cosa si recò presso i mercanti di cammelli, certo che nei loro viaggi attraverso i deserti, uno di loro avesse sicuramente incontrato un tale anello. Ma, ahimè, nessuno di loro era a conoscenza di un tale tesoro. Così si rivolse alla gente di mare, sperando che nei loro viaggi in terre lontane, uno di loro potesse essere venuto a conoscenza di questo fantastico anello. Ma neppure costoro gli furono di alcun aiuto.

COSI’ JOSEPH DECISE che sarebbe dovuto andare in cerca di questo anello speciale di persona. Viaggiò di paese in paese, di mercato in mercato, ma in nessun luogo fu in grado di trovare l'anello che gli era stato chiesto di individuare. Tuttavia, la consapevolezza che il suo re dipendeva da lui per il compimento di questa missione lo manteneva devoto al compito.

Mese seguì mese, e dopo che le ricerche di Joseph non lo portarono ad alcun successo, egli giunse in un altro paese, arrivò presso un altro bazar, e ancora presso un’altra bancarella di un gioielliere. Qui trovò un giovane ragazzo, e gli chiese, come aveva già fatto con tanti altri, se fosse a conoscenza di un anello che avesse le medesime caratteristiche di quello che gli era stato chiesto di riportare. Sperando contro ogni speranza che il ragazzo potesse offrire parole di incoraggiamento, venne a sapere che neanche il ragazzo sapeva di tale anello. Profondamente deluso dalla notizia, e con i sei mesi che ormai volgevano a un termine, Joseph si voltò per uscire dal negozio quando il nonno del ragazzo, che aveva ascoltato la conversazione, si fece avanti, proclamando: "Io so di un tale anello che ha veramente il potere di rendere felice un uomo triste, e rendere triste un uomo felice, aspetta qui e io lo produrrò per voi."

MENTRE JOSEPH ASPETTAVA con grande attesa, il vecchio andò nella stanza sul retro del suo negozio, prese una semplice fascia d'oro, e inscrisse qualcosa all’interno dell’anello. Poco dopo, lo porse a Joseph.
Joseph esaminò l'anello, sorrise e disse: "Sì, questo è certamente l'anello che cercavo!"

Al suo ritorno a Gerusalemme, Joseph procedette al palazzo di Salomone. Quando il re chiese se Joseph fosse riuscito nel suo compito, immaginate il suo stupore, quando Joseph rispose che in effetti, aveva localizzato l'anello come gli era stato richiesto.

Egli consegnò l'anello al re. Appena il re lo esaminò, una strana espressione si dipinse sul suo volto, poiché si ricordò che sia i suoi più grandi successi che i suoi più profondi dolori erano stati soltanto eventi fugaci.

«Sì», disse Salomone, "questo è veramente l’anello che ha il potere di fare un uomo triste, felice e un uomo felice, triste." Poiché le parole che erano state scritte sull’anello recitavano: ANCHE QUESTO PASSERA’.

Il re si mise l'anello, e lo indossò da quel giorno in avanti. E ogni volta che si fosse sentito triste o depresso, avrebbe guardato l'anello, contrastando il triste stato d’animo del momento con felicità e buon auspicio.




© 2012 by Dr. Mitchell Smith, Certified Sport Psychology Consultant.  All Rights Reserved.

Sunday, October 18, 2015

SEI SERIO???

Randy Pausch, il professore malato terminale che ha scritto "The Last Lecture", ha detto: "Mai sottovalutare l'importanza del divertirsi".

Recentemente sono stato a guardare il famoso pianista cinese Lang Lang in tv e durante l'esecuzione non ho mai smesso di sorridere. Ora è vero che - a differenza che nello sport - aveva il controllo di quasi il 100% del momento. L'ex-campione di tennis Andre Agassi è stato intervistato da un giornalista rigugardo a cosa avrebbe detto a se stesso se si fosse trovato nel 5° set di un incontro sotto 5-0; lui ha detto "Starei pensando - 'Non c'è nessun altro posto dove avrei preferito essere. "



Mi ricordo di un giocatore di college a cui dicevo dopo le partite, "Non sembra che tu ti stia divertendo là fuori." Non importa ciò che sta accadendo nel momento della competizione, fare lo sforzo mentale e forzarsi a pensare a divertirsi può fare una enorme differenza. Prendendo questo a cuore, alla fine ha concluso la sua carriera universitaria con la nomina nella seconda squadra All-American.


Quindi nella tua prossima competizione magari vorrai pensarci su e vedere se ti stai divertendo. Solo questo, potrebbe essere abbastanza per fare la differenza!

Friday, August 14, 2015

MANTENERE UNA CONCENTRAZIONE COMPETITIVA: Parte 1

Sviluppare i Muscoli Della Concentrazione

   CONCENTRAZIONE. E' uno degli ingredienti fondamentali per il successo sportivo. Gli atleti professionisti con i quali ho parlato e che hanno fatto la transizione dallo sport universitario hanno detto più o meno tutti la stessa cosa - "A questo livello (professionistico) non ci si può permettere di perdere la concentrazione neanche per un attimo. Al college si può sempre rimediare, ma quando sei nei pro appena si perde la concentrazione l'avversario ne trarrà vantaggio. "
   Prima di giocare nella NBA, Christian Laettner era la stella della Duke University ... ed è stato nominato atleta dell'anno nel 1992, quando ha battuto Shaquille O'Neil per questo premio. Laettner è ricordato tra gli americani appassionati di college basket per il suo famoso buzzer beater vincente sparato contro Kentucky nel 1992, nei quarti di finale del torneo NCAA, quando Duke passò il turno e andò a vincere la "Final Four" di quell'anno.
   Ma tre anni prima, come freshman, Laettner non ebbe un tale successo, quando Duke University era punto a punto contro Arizona: Arizona è sopra di due a pochi secondi dalla fine quando Laettner subisce un fallo. Si avvicina alla linea del tiro libero con la possibilità di pareggiare. Palleggia un paio di volte, poi si prepara per il tiro. La palla si avvicina al ferro, ma poi rimbalza fuori. Laettner tira il secondo libero, e sbaglia pure quello.

   Che cosa stava succedendo nella mente di Laettner mentre stava lì sulla linea di fallo? "Se faccio questo canestro possiamo ancora tirare fuori la vittoria" ??? ... "DEVO fare queste canestro!" ??? ... "NON POSSO lasciare che i miei compagni di squadra perdano" ??? ... Qualunque cosa fosse, la concentrazione di Laettner probabilmente NON era concentrata sul COMPITO di affondare quei tiri liberi, ma sulle CONSEGUENZE del gesto.
   Le probabilità sono - in una variante o in un altra - che siete stati dove Christian Laettner era.
   In questa serie - ci occuperemo di alcune delle sfide tipiche per la vostra concentrazione, in cosa consista la concentrazione, e come si può rimanere concentrati - o ritrovare la concentrazione quando si è distratti.
   QUAL E' LA CHIAVE PER RIMANERE CONCENTRATI? E ALTRETTANTO IMPORTANTE, COME PUO' FARE UN GIOCATORE PER RIPRENDERE LA CONCENTRAZIONE IL PIU' VELOCEMENTE POSSIBILE QUANDO L'HA PERSA?
   Una delle cose che più comunemente sento dagli atleti è che quando si commette un errore, sbaglia un tiro, ecc ... si sentono infastiditi e questo li porta fuori dalla loro concentrazione. Proprio l'altro giorno, ho ricevuto una email da un giocatore che mi raccontava di una recente partita quando una mancata chiusura difensiva ha portato il suo allenatore ha sgridarlo dalla panchina; questo, a sua volta, ha portato a un tiro sbagliato nell'altra estremità del campo poichè si stava concentrando sulle parole del suo allenatore (e le preoccupazioni di essere sostituito).
   Ogni volta che un atleta fa un errore o sbaglia una situazione, questo rappresenta una sfida per la sua attenzione. Come niente altro, l'attenzione di un atleta va su e giù nel corso di una partita. Così la maggior parte del tempo, il problema è quello di re-impostare l'attenzione quando si sta cominciando a scivolare verso il basso.
   Questo è stato il caso di un giocatore di tennis con cui ho lavorato. Ogni volta che un colpo andava lungo o in rete, lui si infastidiva. Permetteva a quella sensazione di stare con lui, distruggendo la sua fiducia in sè stesso, in un modo che egli pensava a tutto, tranne che ad avere la testa nel punto successivo.
   Purchè fare meno errori sia un modo per affrontare questa situazione, NON ESISTE un atleta che non sbaglia MAI!!!
   Inoltre, un atleta che gioca per evitare di commettere errori non è in grado di migliorare; il suo gioco sarà spesso incerto, raramente incisivo o aggressivo.
   Si consideri l'atteggiamento che ha contribuito tennista Lindsay Davenport per vincere lo US Open 1998:
   "Io non volevo essere là fuori solamente per rimandere la palla in campo. Io ero là per rischiare tutto - anche se ho fatto 60 errori non forzati. Non volevo lasciare nulla di incompiuto."



   Una delle cose su cui ho lavorato con questo atleta è stato come mantenere le cose semplici - sia dentro che fuori dal campo. Per esempio, lui ha scoperto che se, durante l'allenamento, decideva di dare la sua attenzione ESCLUSIVAMENTE ad una parte del suo gioco, era meno interessato a commettere errori in altri aspetti. Quindi, se, per esempio, era concentrato sul suo rovescio, o a venire a rete, era più "clemente" con se stesso riguardo a errori commessi in altre parti del suo gioco.  
   Inoltre, ha scoperto che, concentrandosi su un aspetto del suo gioco, avrebbe notato miglioramenti in questo aspetto, e avrebbe notato un effetto "SPILLOVER", ovvero la fiducia che si andava incrementando lo portava a giocare meglio e a fare meno errori IN ALTRE PARTI del suo gioco in quello stesso allenamento.
   Così gli ho chiesto di completare la seguente frase: "Non mi importa se faccio degli errori fin quando ..."
   Ecco ciò che ha tirato fuori (dopo gli ho detto che una buona risposta non poteva essere "fin quando il mio avversario fa più errori!") ... "Non mi importa se faccio errori, FIN QUANDO RIESCO A MANTENERE LA MIA CONCENTRAZIONE. "
   IN ALTRE PAROLE, UN ERRORE NON HA BISOGNO DI ESSERE UN'OCCASIONE PER STACCARE LA SPINA.
   Inoltre, gli ho suggerito che fare un errore potrebbe essere l'occasione per rafforzare realmente i suoi "muscoli" della concentrazione, in un modo che non sarebbe possibile se non commettesse errori.
   Si consideri, dopo tutto, come costruiamo massa muscolare in palestra. Quando solleviamo pesi, in realtà stiamo rompendo il tessuto muscolare. In seguito, quando il tessuto ripara se stesso, ritorna più forte di prima. Si tratta, dopo tutto, di un allenamento di "resistenza". Se pensiamo alla concentrazione allo stesso modo, allora quando sottoponiamo la nostra concentrazione alla resistenza (come nel commettere errori, diventando infastiditi e "perdendo" la concentrazione - MA POI LAVORANDO PER RIGUADAGNARLA RAPIDAMENTE) stiamo costruendo i "muscoli della concentrazione", rendendoli pià forti di prima. La chiave, dunque, è nel "LAVORARE PER RIACQUISTARE RAPIDAMENTE LA CONCENTRAZIONE"
   QUESTO COMPORTA IL TENERE FUORI DALLA MENTE TUTTE LE COSE IRRILEVANTI. Essere frustati per un errore è comprensibile; noi tutti sperimentiamo ciò. Ma più in fretta dite a voi stessi di riconcentrarvi, e più sarete competitivi nel vostro gioco!!!
   Si consideri l'esempio dato dalla sciatrice Bonnie St. John Deane, vincitore della medaglia d'argento nello slalom alle Paralimpiadi nel 1984. Ha fatto notare che ...
   "Nella mio prima manche di slalom ero davanti, ma poi sono caduta e ho dovuto alzarmi per completare la gara. Infatti, la donna che ha vinto la medaglia d'oro è caduta anche lei. Sapevo da gare precedenti che avrei potuto sciare più velocemente di lei. Ma quello che le ha permesso di vincere la medaglia d'oro è che lei si alzò più velocemente di quanto ho fatto io dopo la caduta. Ho imparato che ognuno cade - ma gli atleti Olimpici si rialzano più velocemente, e chi vince le medaglie d'oro si rialza più velocemente di tutti ".
   Ora, sostituisci "rialzarsi" con "RIACQUISTARE LA CONCENTRAZIONE", e si ottiene il punto.
   NBA Hall of Famer Karl Malone ha detto una volta che se non siete disposti a fare degli errori non andrete mai a migliorare come giocatori. Considerate questo: comunque vada, commetterai degli errori. Quanto più siete disposti a sviluppare un atteggiamento che invece di lasciare agli errori ottenere il meglio di voi, possano essi invece diventare un opportunità per migliorare la vostra capacità di rimanere concentrati - allora sì che sarà più facile che voi raggiungiate i vostri obiettivi.

© 2014 by Dr. Mitchell Smith. All Rights Reserved.

Friday, July 24, 2015

MANTENERE UNA CONCENTRAZIONE COMPETITIVA Parte 2:

 GESTIRE DISTRAZIONI

Davide, un giocatore all’ultimo anno di college, capitano della squadra di calcio, venne a trovarmi poiche’ era solito perdere fiducia in se’ stesso in determinati episodi. Per esempio mi disse che, a causa della sua posizione di leader, ogni qualvolta facesse un errore durante una gara, questo si ripercuoteva in modo negativo su di lui; per questo motivo temeva di perdere rispetto dai giocatori piu’ giovani. Quando Davide commetteva un errore, lasciava che questo influisse negativamente sulla propria fiducia (portandolo di conseguenza a sbagliare ulteriormente). 

Un altro fattore rilevante era costituito dalla presenza del suo allenatore a bordo campo, il quale gli urlava istruzioni durante la partita. Prestare attenzione ai commenti dell’allenatore a volte portavano Davide a pensare troppo, distraendolo dal vivo del gioco: un esitazione o la piu’ breve delle pause potevano fare la differenza tra una giocata ben eseguita o una palla persa.
Oltre a questo l’allenatore della squadra avversaria, avendo visto un video della squadra di Davide, indicava ai propri giocatori il modo in cui Davide stesse per giocare la palla, in modo da poterlo fermare. Davide mi disse che questo contribui’ ulteriormente alla perdita di fiducia in se’ stesso, distraendolo dall’eseguire le sue tattiche per contrastare quelle dell’allenatore avversario.
Infine Davide riporto’ la presenza, durante le partite, di osservatori provenienti da squadre professionistiche. Essendo all’ultimo anno di universita’, Davide sperava di poter giocare da professionista dopo la laurea. Era quindi molto importante per Davide fare un’ottima impressione di fronte agli osservatori: tuttavia, la paura di commettere errori era fonte di preoccupazioni e ansia.
Indubbiamente, ogni atleta preso in considerazione da osservatori (cosi’ come da allenatori di college nel caso in cui si trattasse di giocatiori provenienti dalle scuole superiori) vuole giocare al meglio. Il paradosso e’ che spesso il desiderio si trasforma in quel tipo di pressione che un giocatore inizia a sentire in tutte le cose che vuole fare come, per esempio, giocare al massimo delle proprie possibilita’.

Qualche anno fa’ la franchigia NBA Golden State Warriors prese il giocatore internazionale Jiri Welsch, un giovane talento. Una sera durante il suo primo anno Welsh fece 0 su 10 dal campo contro Orlando. Dopo la partita gli chiesi cosa fosse successo, e lui rispose “continuavo a pensare al bisogno di dimostrare al mio allenatore che merito un posto da titolare”. La pressione che senti’ venne ovviamente in conflitto con il suo stile di gioco.

Al di la’ di tutto cio’, Davide stava tornando da un infortunio nel pre-stagione e quindi non era nella miglior forma quando la sua squadra gioco’ contro la n.1 del Paese, facendo aumentare la frustrazione e diminuendo il suo livello di fiducia.

Tutti I fattori di cui ho parlato precedentemente hanno in comune il fatto di essere considerati distrazioni dalle cose che solitamente aiutano Davide a giocare nel miglior modo possibile e fanno risaltare il suo talento.

La cosa che puo’ aiutare Davide nel modo migliore e’ concentrandosi sulla partita nel modo in cui deve essere giocata, controllando continuamente il posizionamento della palla, la posizione dei suoi compagni, degli avversari ecc. e stare sufficientemente rilassato – sia fisicamente che mentalmente – in modo da poter prendere la miglior decisione sia con la palla che senza, e poterla eseguire con qualita’.

Tutto cio’ che’ provoca una diminuzione dell’attenzione su questi fattori diventa una distrazione. L’obbiettivo e’ rimanere sul proprio compito – e questo significa avere strategie utili a prevenire che altri fattori diventino distrazioni.

Riguardo ai commenti che il suo allenatore e l’allenatore dell’altra squadra stavano urlando da bordo campo, fu importante per Davide trovare un modo per limitare il modo in cui questi commenti potessero influire su di lui. Ovviamente, I commenti del suo allenatore potevano essere interpretati in modo particolarmente positivo aiutandolo nello sviluppo delle tattiche della partita. Lui doveva trovare un modo per, da una parte capire il contenuto dei commenti e, dall’altra, fare in modo che l’ascoltare questi commenti non lo portassero fuori ritmo o influissero negativamente sul suo livello di fiducia.

Per questo scopo, ho portato Davide attraverso una serie di esercizi di visualizzazione che potessero aiutarlo a diventare piu’ proficuo a proposito. insieme alle direttive che lui ha iniziato ad anticipare questi commenti cosi che quando questi si ripropongono nella sua mente, Davide non sara’ turbato come in passato. La stessa cosa e’ stata applicata ai commenti dell’allenatore avversario.

Anche la presenza di osservatori in tribuna presentava una potenziale distrazione. Giocare al massimo dipende dalla bravura di Davide nel rimanere concentrato su cosa stesse succedendo durante la partita, e non su cio’ che stesse passando per la mente riguardo qualche personaggio in tribuna. Ancora, paradossalmente, per avere la migliore possibilita’ di impressionare l’osservatore, Davide aveva bisogno di trovare strategie che prevenissero il distrarsi pensando ad impressionare l’osservatore.

La questione che riguarda Davide come capitano e leader della squadra presenta una situazione simile. La sua determinazione di essere un buon leader e’ ammirabile. Come molti di noi, Davide e’ sensibile sul fatto che un errore possa influire sul rispetto che un compagno piu’ giovane possa avere su di lui – e questo e’ da aggiungere alla pressione che gia’ sentiva.

Chiesi a Davide cosa dicesse ai compagni piu’ giovani della squadra in caso essi facessero un errore: “gli dico di tenere la testa alta e di non farsi influenzare dagli errori commessi” mi disse. Ma, in qualche modo, se uno dei suoi compagni piu’ giovani gli dicesse qualcosa di simile, la cosa non funzionerebbe. Se invece Davide dovesse pensare a certi giocatori professionisti fare certi commenti su di lui, cio’ sarebbe sembrato piu’ autentico e utile per convincerlo a ricordarsi che tutti possono commettere errori – nessuno e’ perfetto.

Riguardo gli stessi argomenti, una star del calcio britannico John Salako disse che “ quando sei sicuro di te stesso, non sei preoccupato di commettere errori”. In altre parole, come ricordato nella parte 1, ci sono certe situazioni o stati di pensiero dove atleti non sono infastiditi dal commettere errori. Riflettendo su questo, Davide riusci’ a sviluppare una maggiore abilita’ a rimanere concentrato sull’proprio compito.


© 2017 by Dr. Mitchell Smith. All Rights Reserved.

GIOCANDO AL MEGLIO NEL MOMENTO CRUCIALE: 1° parte

 Il meno è più

Recentemente ho partecipato ai Campionati europei maschili di pallacanestro  under-20.  Un giorno stavo parlando con uno degli allenatori circa le prestazioni della sua squadra durante i primi gironi del campionato, e la discussione portò a parlare della prestazione  di uno dei giocatori leader della squadra , il  loro grande uomo  “go to” che  in quella stagione stava giocando in una delle squadre universitarie di elite degli Stati Uniti.

“E’ capace di grandi prestazioni e noi veramente dipendiamo da lui, ma durante le due ultime partite è venuto meno alle aspettative” mi disse l’allenatore.

Continuando a discutere della situazione, uno degli aspetti emersi è stato che a questo giocatore erano affidati numerosi  incarichi  di diversa natura  : chiaramente troppi rispetto alle sue capacità di gestirli. Si ebbe l’impressione che il giocatore  cercasse (in termini figurativi) di giocare con troppe palle.  Io chiesi all’allenatore cosa ne pensasse circa la riduzione dei compiti  che aveva assegnato a questo giocatore.  Cercai di convincerlo che “Il meno è più”.

Restringendo il  numero di incarichi di un atleta quando è il momento di  scendere in campo e di gareggiare, si fornisce all’atleta uno degli elementi più importanti  da  portare con sé durante la gara  : il senso di controllo .  Avere meno cose di cui preoccuparsi rende  più gestibile l’incarico, in modo  che  l’atleta si sente rinforzato/a piuttosto che sovraccarico/a.

Nel libro “Heads Up Baseball: Playing the Game One Pitch at a Time,” gli autori Ken Ravizza e Tom Hanson descrivono  la vasta gamma di pensieri che affliggono un giocatore  nel giorno della partita, dal momento in cui si alza, a quando consuma il suo pasto prima della gara, ecc. Più tardi, quando arriva in palestra, un giocatore esperto riesce a liberare la mente da alcuni di quei pensieri ed inizia  a concentrarsi.
Quando il giocatore indossa la sua divisa, fa i riscaldamenti e la squadra si allinea in campo…..quando si avvicina il tempo del fischio d’inizio,    l’attenzione dell’atleta continua a restringersi ,come in un imbuto (largo all’inizio stretto alla fine). 

Al momento del fischio d’inizio , l’attenzione dell’atleta si è ristretta  ad UN SOLO  specifico pensiero o intenzione.

Alle Olimpiadi invernali di Lillehammer, lo sciatore discesista  Americano Tommy Moe stupì  tutti quanti vincendo  la medaglia d’oro.  Moe, che  in quella gara batté tutti i concorrenti, non aveva mai vinto prima nella sua carriera una gara internazionale.
Quando, più tardi,,  gli  fu chiesto di parlare della sua performance, Moe commentò  :  “ho solo pensato a cose essenziali.  Volevo concentrarmi sul fare le mie curve con un forte peso sulla parte esterna dello sci e tenendo le mani in avanti.  Sapevo che se mi fossi concentrato su quelle due cose avrei sciato velocemente. Quello era tutto ciò che volevo fare.

Bob McKillop, lo stimatissimo allenatore del basketball maschile  al Davison College (per sei volte conference coach dell’anno e nel 2008  allenatore nazionale  dell’anno ) descrive  i vantaggi derivanti dal  semplificare le cose  quando si è sotto pressione, citando il seguente esempio: “nel momento in cui  arrivi  a giocare nel post-season e nel torneo NCAA e ti devi preparare a fronteggiare qualsiasi tipo di avversario, è il tempo per ridurre il tuo gioco agli elementi chiave- quelli in cui hai sei diventato bravo durante la stagione- e lasciar perdere il resto, le cose mediocri e quelle che hai  solamente sperimentato ”.

L’allenatore principale della squadra maschile di basketball dello Stato dell’ Arizona, Herb Sendek,  concorda facendo notare che : “Talvolta mi accorgo  che iniziamo una partita  e dobbiamo concretamente semplificare  il nostro piano d’attacco  attuandone solo una parte - la parte  che riteniamo più efficace contro i nostri avversari- e attenendoci  strettamente a quella.  Io penso che si debba affrontare il gioco con determinati obbiettivi anziché cercare di coprire  qualsiasi tipo di situazione.. Il concetto è quello di “togliere il grasso” e rendere le cose semplici  in modo che i tuoi giocatori  non vadano a compromettere  il loro più alto livello di gioco”

Jack Nicklaus, uno dei più grandi golfisti di tutti I tempi, diede un consiglio simile a proposito di come  ottenere la battuta ideale : “restringi i tuoi pensieri sulla battuta a quelle due o tre più semplici che ti hanno aiutato in passato”.  Lo stesso Nicklaus concepì due idee : “Testa ferma “ e “ Completa la battuta all’indietro” e  concentrandosi  su questi due pensieri nel momento cruciale, ottenne il risultato sperato.

Dopo aver parlato con l’ allenatore  di quella  squadra maschile europea  under-20, affrontò la  partita del giorno successivo  chiedendo  a questo giocatore di concentrarsi  principalmente sul rimbalzo e secondariamente  cercare  di segnare se si presentava l’occasione. Assegnando al giocatore un compito più ristretto, gli diede un incarico più gestibile….e lo aiutò a sentirsi PIU’ IN CONTROLLO.
Al giocatore non veniva più richiesto di “giocare con troppe palle”. E come risultato la sua produttività in gara  ritornò al massimo della forma, e giocò una delle sue migliori partite  del torneo, aiutando la sua squadra  ad avanzare verso l’ area  della medaglia.

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NOTE:  Here is what one player wrote me after I sent him the above article:

I wanted to tell you, the idea you had of focusing on just one thing has been really useful for me. I have had three of my best games and two full weeks of great practices – and it’s all due to this idea of one thought! I just keep telling myself to be an animal.  That’s it… I just say “Be aggressive and be an animal” and that thought is what makes me able to play with aggressiveness and energy.  Because of that I am able to not only play well but to instill confidence in myself and not only that but in my coaches and teammates as well! They want to get me the ball because I showed them what I can do once it is in my hands.  All this success is because of that one word. So thank you!! I really appreciate the ideas that you keep sharing with me.”    

Two weeks after writing me – this player had his first college double-double followed by his first 20-point game.

One other young player wrote this:

I used your idea in a recent game to focus only on defense and nothing more and I did well.  I didn’t allow my opponent to get the ball – or when he got it I defended his shots so he couldn’t get the off and even blocked some of them. On offense, and on rebounding, things went well also – I was confident – and will continue to use this strategy. Thanks!


© 2011 by Dr. Mitchell Smith.  All Rights Reserved.

LA VISUALIZZAZIONE

Rafforzare la connessione fra mente e corpo per un’esecuzione di livello superiore

   Un pivot che gioca in Europa da tre anni e che e’ stato nominato Giocatore Defensivo dell’Anno nella sua lega, mi ha scritto con la seguente domanda:

“Vorrei utilizzare la visualizzazione nel mio approccio mentale alla partita.  L’ho provata un poco, ma vorrei migliorare e diventare piu’ consistente nel visualizzare le cose sul campo.  Dovrei visualizzare me stesso tirando a canestro oppure dovrei immaginare situazioni reali che posso incontrare in una partita?  Con quale frequenza dovrei visualizzare?  E per quanto tempo?”

RISPOSTA:

   Innanzitutto, ricordiamoci l’obiettivo della visualizzazione – ossia riprodurre e sentire NELLA TUA MENTE alcune situazioni che hai incontrato (oppure che vorresti provare) NEL TUO CORPO.  La visualizzazione e’ una cosa che tutti noi eseguiamo in modo naturale (per esempio quando ci ricordiamo un certo evento del passato e riusciamo a dipingerlo nella nostra mente) -  ma per uno sportivo puo’ avere dei benefici speciali quando viene utlilizzata come strategia per migliorare l’esecuzione.  La ricerca scientifica ha dimostrato come possiamo “sentire” nella nostra mente (almeno in qualche misura) proprio le stesse sensazioni che succedono nel nostro corpo durante l’attivita’ sportiva.  Per esempio, quando gli sciatori impiegano la visualizzazione per immaginare la loro discesa sulla pista, loro attivano gli stessi muscoli in seguenza, come se fossero veramente sciando.  L’utilizzo della visualizzazione migliora e rafforza le connesioni neuro-muscolari che che vengono attivate quando noi trasformiamo la nostra intenzione in azione (per esempio, un drop-step in pallacanestro).

   Dunque, il piu’ grande beneficio della visualizzazione e’ il miglioramento delle capacita’ fisiche tramite il rafforzamento ripetuto delle connesioni fra mente e copo.  Per esempio, possiamo visualizzare qualche giocata da una partita passata, oppure possiamo visualizzare qualsiasi esperienza che vorremo avere nel futuro (tiri liberi oppure eseguire movimenti da pivot in modo decisive ed aggressivo).

  Una domanda che ciascuno di noi dovrebbe farsi e’:  Che cosa voglio migliorare?

   Per esempio, un giocatore cha ha fatto degli esercizi ogni giorno per migliorare un certo aspetto del suo gioco puo’ visualizzare gli stessi esercizi nella sua mente.  Mentre sta visualizzando, lui potrebbe osservare che cosa succede mentre fa questi esercizi mentali.  Sono i suoi movimenti fluidi e decisi, oppure c’e’ qualche dubbio o esitazione?  Esegue i movimenti in modo preciso oppure fa fatica?  Dopo aver ripetuto questi passi mentali, lui capira’ che cosa deve migliorare oppure che cosa deve cambiare per eseguire quel movimento/quella giocata in modo perfetto. 

   Il prossimo passo e’ quello che noi chiamiamo LA PADRONANZA – ossia ripetere un esercizio nella mente con i movimenti corretti, con un buon tempismo e un buon “feeling” del corpo.  Ancora una volta, la ricerca scientifica mostra che i giocatori che usano la visualizzazione insieme all’allenamento fisico dimostrano una performance migliore in confronto con i giocatori che hanno fatto soltanto l’allenameto fisico, senza impiegarsi nella visualizzazione.  Per esempio, I giocatori che hanno fatto dei tiri liberi E si sono impegnati nella visualizzazione dei tiri liberi hanno migliorato le loro percentuali di riuscita molto di piu’ che i giocatori che hanno fatto soltanto dei tiri liberi SENZA impegnarsi nella visualizzazione.

   La visualizzazione puo’ anche aiutare a prepararci il giorno della partita.  Una cosa molta efficace da fare prima della partita e’ immaginare alcune situazioni che potrebbero accadere durante la partita e visualizzare te stesso mentre segni, prendi rimbalzi, fai dei bei passaggi oppure difendi qualcuno con successo.

   Il famoso giocatore di baseball Hank Aaron andava sempre allo stadio molto prima che la partita iniziasse.  Mentre i suoi compagni di squadra giocavano a carte, Hank si impegnava a visualizzare quale avversario fosse al lancio, ogni lancio possible che lui poteva incontrare in quell giorno e finalmente come avrebbe risposto a questi lanci.  Grazie a questa visualizzazione, Hank aveva piu’ fiducia per reagire durante la partita ed era gia’ familiarizzato con le situazioni piu’ importanti della partita.

   Un giocatore   potrebbe utilizzare la vizualizzazione anche per correggere alcuni SBAGLI fatti nelle partite giocate.  Per esempio, il giocatore si ricorda in che punto ha sbagliato, “riavvolge il nastro” fino al momento prima dello sbaglio e poi immagina come fare la cosa corretta invece dello sbaglio.  Ripetere questo processo mentale piu’ volte ci puo’ aiutare AD IMPARARE DAI NOSTRI SBAGLI (tiri sbagliati, rimbalzi mancati, posizionamento del corpo sbagliato, etc) per CORREGGERE E MIGLIORARE il nostro livello di gioco.

Un cestista puo’ impiegare la visualizzazione per immaginare varie situazioni nelle quali lui vorrebbe migliorare le sue decisioni: vedere se stesso con la palla e visualizzare se stesso facendo DEI MOVIMENTI FORTI E DECISI e SENTIRSI FIDUCIOSO SUL CAMPO.

   Il valore intrinseco della visualizzazione e’ dimostrato dal fatto che novanta percento degli atleti olimpici utilizzano questa tecnica nella loro caccia ad una medaglia olimpica.  I giocatori di pallacanestro che impiegano la visualizzazione in modo costante hanno raportato un netto miglioramento nel prendere rimbalzi, nel attaccare il canestro in penetrazione, nel giocare meglio del loro difensore e nel trovare velocemente “il ritmo della partita” una volta entrati in campo.


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